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SPE - Spazio Performatico ed Espositivo
14 dicembre 2013
ore 19.00

Ludus Gravis

Imago Dei - l’iniziazione, il rito, la catarsi

Sabato 14 dicembre alle ore 19.00 nello SPE ultimo appuntamento del 2013 con l’Ensemble di contrabbassi Ludus gravis, diretto da Daniele Roccato, che propone “Imago dei - l’iniziazione, il rito, la catarsi”.

Antichi madrigali e opere recenti radicate in un passato, reale o immaginario, disegnano un percorso, un viaggio fra morte e rinascita, pentimento e purificazione che dimostra come la musica sia sempre e solo contemporanea. 

Questo concerto vuole essere anche un omaggio a Giacinto Scelsi in occasione del venticinquesimo anniversario della  sua scomparsa. 

Il concerto sarà trasmesso in live streaming su radiocemat.org, a cura di Federazione CEMAT. 

Wolfgang Amadeus Mozart God is our refuge - Kv 20 per 4 contrabbassi
Giacinto Scelsi Mantram per contrabbasso solo
Arvo Pärt My Heart’s in the Highlands per 8 contrabbassi
Carlo Gesualdo Sparge la morte per 5 contrabbassi
Carlo Gesualdo Se vi duol il mio duolo per 5 contrabbassi
Carlo Gesualdo Io pur respiro in così gran dolore per 5 contrabbassi
Hans Werner Henze Trauer Ode per 6 contrabbassi
John Cage Dream per 4 contrabbassi
Giacinto Scelsi Pater Noster per 8 contrabbassi
Sofia Gubaidulina Fata Morgana, die tanzende Sonne per 8 contrabbassi
Wolfgang Amadeus Mozart Ave Verum Corpus - K618 per 4 contrabbassi

Daniele Roccato contrabbasso solista
Stefano Battaglia, Paolo Di Gironimo, Simone Masina, Andrea Passini, Giacomo Piermatti, Francesco Platoni, Alessandro Schillaci contrabbassi


I due mottetti “God is our refuge” e il più conosciuto “Ave Verum Corpus” sono la cornice entro la quale si compone il programma; il primo fu scritto da Mozart all’età di nove anni a Londra, mentre il secondo risale al 1791, anno della morte del compositore. Nonostante sia il tempo di una vita a separare le due composizioni, esse sono accomunate da molti elementi quali la forma, la chiarezza della trama polifonica e la perfetta armonia che regola il rapporto tra testo e musica. Tra questi due brani prende forma il programma del concerto, che vede l’incontro di autori come Cage e Gesualdo, Henze e Pärt, Gubajdulina e Scelsi. Ogni opera rappresenta un punto di vista specifico sulla vocalità, da quella prettamente monodica e libera di Scelsi a quella squisitamente polifonica di Henze, in un labirinto sonoro concepito per ritrovarsi in una comune tensione all’oltremondano, e dove i contrabbassi procedono alla ri-cerca di un’articolazione assolutamente umana, poiché la voce umana è sempre stata un faro che ha illuminato il percorso di tutti i compositori che hanno plasmato la musica occidentale in tutta la sua complessità e bellezza.

Mantram” è uno dei tre pezzi per contrabbasso solo scritti da Giacinto Scelsi, qui la voce non può che essere “sola”, nel senso di non accompagnata, poiché il canto è liberazione dall’io e ricongiunzione con il tutto, così Scelsi utilizza una scrittura basata spesso su intervalli di quarti di tono, sull’utilizzo di vibrati con oscillazioni molto ampie che ben si adattano allo strumento grave. Spesso la musica gravita attorno ad una sola nota, quasi a sottolinearne la ricchezza, la possibilità di mostrarla sotto punti di vista che una rigida scrittura polifonica non potrebbe fare a meno di nascondere.

“Il molto ed il molteplice mi disturbano soltanto; devo cercare l’uno”… “My Heart’s In the Highlands” potrebbe essere considerato come la trasposizione musicale di questo semplice pensiero espresso da Arvo Pärt. Il solista intona una melodia composta da una sola nota la quale viene letteralmente trasfigurata dall’accompagnamento in stile tintinnabuli, composto dalla linea inesorabile del basso e dai “pizzicati armonici” che si muovono sulle note della triade.

I tre madrigali a cinque voci di Gesualdo esprimono tutti gli elementi principali che caratterizzarono la ricerca del compositore venosino, successioni armoniche ardite e uno stile volto ad esprimere il sentimento contenuto nel testo e non a rappresentare simbolicamente le parole tramite la musica.

Dedicata a Margaret Geddes, detta “Zia Peg”, la “Trauer-Ode” nasce come un sestetto di violoncelli e la versione per sei contrabbassi curata da Daniele Roccato è stata autorizzata nel 2010 dallo stesso Henze. Questo è un brano contrappuntistico nel senso più classico del termine; le uniche due interruzioni del movimento delle voci avvengono nella parte centrale in cui viene intonato omoritmicamente il testo della cantata Bachiana: “Meine Seel' erhebt den Herren” (La mia anima magnifica il signore) e alla fine quando tutte le voci si riuniscono in una serie di blocchi accordali che concludono il brano.

Scritto per essere utilizzato in una coreografia di Merce Cunninghum, “Dream” è un brano interamente basato sul concetto di risonanza, in partitura infatti si legge “always with resonance, tones may be freely sustained beyond notated directions”. Così in questa versione per ensemble, il flessuoso motivo di terze discendenti esposto all’inizio dal solista, progressivamente “attiva” delle note tenute dagli altri contrabbassi, creando degli accordi per addizione fino ad ottenere un effetto di completa saturazione dello spazio sonoro.

Il “Pater Noster”, è il secondo canto dei tre che compongono le “Three Latin Prayers”. Scelsi fu sempre affascinato dal canto gregoriano e questi tre brani testimoniano questo interesse, tutti riprendono le melodie gregoriane originali e non viene realizzata nessuna armonizzazione da parte del compositore.

Il penultimo brano è “Fata Morgana: die tanzende sonne” di Sofia Gubajdulina, anch’esso presentato nella versione per otto contrabbassi elaborata da Roccato a partire dall’originale per otto violoncelli ed autorizzata dall’autrice stessa. L’ottetto è diviso in sezioni contrastanti in cui a momenti prettamente aleatori, seguono parti caratterizzate da monolitici blocchi accordali, in un crescendo che raggiunge il suo apice a metà del brano, momento in cui simbolicamente due unità prima separate musicalmente si incontrano per poi disintegrarsi e procedere lentamente verso la fine. (Alessandro Schillaci)

 

 

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