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SPE - SPAZIO PERFORMATICO ED ESPOSITIVO   
GIOVEDì-DOMENICA   ORE 15.00-19.00

Teresa Margolles
Sobre la sangre

A CURA DI FRANCESCA GUERISOLI E ANGEL MOYA GARCIA


FINO AL 16 SETTEMBRE 2017

 

assistenti  Rafael Burillo e Antonio de la Rosa
allestimento mostra  Paolo Morelli, Alice Mollica e Giacomo Citti

2017 Margolles 01

Teresa Margolles, “Frazada (L’Ombra)”, 2016
Registrazione dell’azione del posizionamento nello spazio pubblico di una coperta montata su una struttura metallica di 170 cm di altezza per 190 cm di larghezza, simile a quelle utilizzate nelle bancarelle per strada. Il tessuto che proietta l’ombra aveva contenuto il cadavere di una donna assassinata ed è stato recuperato dall’obitorio di La Paz, Bolivia. Rendere visibile l’ombra è un riferimento alla violenza di genere. Secondo l’Istituto Nazionale di Statistica di quel paese l’87% delle donne soffrono qualche forma di violenza. La Paz, Bolivia 2016. Courtesy l’artista.


“Sobre la sangre” è il titolo della mostra di Teresa Margolles sul tema dell'odio di genere, che sarà allestita presso lo SPE – Spazio Performatico ed Espositivo della Tenuta Dello Scompiglio dal 25 marzo al 25 giugno 2017, a cura di Francesca Guerisoli e Angel Moya Garcia.

Teresa Margolles (Culiacán, Sinaloa, Messico, 1963 – vive e lavora a Madrid) è un’artista visiva che esamina le cause e le conseguenze sociali della morte, della distruzione e della guerra civile. L'artista è nota per la creazione di opere d'arte che si concentrano sui temi della violenza, del genere e dell'alienazione. Il suo lavoro critica l'ordine sociale ed economico che rende normali certe morti violente, trasgredendo le convenzioni sociali e artistiche e sottolineando la complicità del governo nel produrre violenza e nel generare povertà. Come firma singola e attraverso il collettivo SEMEFO (Servicio Médico Forense), fondato a Città del Messico nel 1990 e attivo per un decennio, Teresa Margolles è tra le artiste che più hanno trattato il tema della brutalità della guerra tra narcotrafficanti e forze dell'ordine nella Repubblica federale del Messico, realizzando opere dalle quali emerge una ferma condanna alla violenza e a ciò che essa produce nelle famiglie delle vittime, nelle comunità e nello spazio urbano.

L'artista ha sviluppato un linguaggio personale come narratrice intradiegetica, testimone di soggetti silenziosi e di vittime definite come “danni collaterali”, spesso prive di un nome e dunque trattate solo come numeri. Sottili e seducenti, le sue opere offrono inizialmente una piacevole esperienza estetica, che presto però diventa qualcos’altro. Un esempio paradigmatico è stata la mostra personale ¿De qué otra cosa podríamos hablar? per il Padiglione messicano alla Biennale di Venezia del 2009. In essa, tra le diverse azioni e installazioni, il visitatore si trovava di fronte ai teli utilizzati per coprire i cadaveri delle vittime del traffico di droga, per poi imbattersi in una sala espositiva in cui parenti di vittime di morte violenta lavavano il pavimento con una miscela di acqua e sangue delle stesse. Una vicinanza intima al materiale della morte che provoca spesso nel pubblico scosse viscerali che avviano una profonda interrogazione su particolari problematiche sociali. Un altro esempio è stato il lavoro presentato a Manifesta 11, la Biennale europea di arte contemporanea che si è tenuta a Zurigo nel 2016, in cui l'artista ha effettuato una serie di incontri con alcuni lavoratori del sesso transessuali di Zurigo e Ciudad Juárez.

Nel contesto della violenza di genere si inserisce la mostra “Sobre la sangre”, che comprende l’installazione itinerante “Frazada (La Sombra), la grande tela che presta il titolo all’esposizione “Wila Patjharu / Sobre la sangre” e la nuova installazione site specific “Il Testimone”. Nella sua complessità e articolazione, la mostra trasforma integralmente l’architettura dello spazio espositivo Dello Scompiglio, alterandone le caratteristiche fisiche e percettive, per portare il visitatore in un ambiente buio e labirintico che lo avvolge completamente.

Punto di partenza è l’installazione itinerante “Frazada (La Sombra) (2016), realizzata in occasione della Biennale di Bolivia del 2016, che nella giornata inaugurale si muoverà in alcune piazze di Lucca e successivamente sarà allestita negli spazi esterni della Tenuta. L'installazione è composta da una coperta montata su una struttura metallica, utilizzata generalmente nelle bancarelle. Recuperata dall'obitorio di La Paz e impregnata del sangue di una donna vittima di femminicidio, la coperta perturba chi utilizza la sua ombra per trarne refrigerio nelle giornate assolate, in quanto si accorge solo successivamente del forte odore di sangue che essa sprigiona. Con “Frazada” Teresa Margolles intende visualizzare l'ombra della violenza di genere, che in Bolivia, secondo l'Istituto Nazionale di Statistica, interessa ben l'87% delle donne.

All’interno dello spazio espositivo, la grande tela “Wila Patjharu / Sobre la sangre” (2017), cuore della mostra, è impregnata in questo caso del sangue di dieci vittime di femminicidio a La Paz e ricamata successivamente da sette artigiane dell’etnia Aymara attraverso le tecniche tradizionali di decorazione degli abiti di danza popolare boliviana. Emerge in questo modo come spesso il folklore e la tradizione riescano a coprire, a nascondere e a trasformare in ornamento una tragica realtà quotidiana. Motivi floreali e caporali ricamati con paillettes, perline e fili dai colori sgargianti, scandiscono un percorso sinestetico attraverso il quale il pubblico, immerso nella penombra, è condotto per una lunghezza di 25 metri, in un cammino di confronto con le proprie convinzioni e sicurezze etiche ed estetiche davanti al rumore dei propri passi.

Questi passi portano alla terza installazione in mostra, intitolata “Il Testimone” (2017), e realizzata appositamente per la mostra. L'ambiente si configura come un corridoio perimetrale in penombra in cui sono collocate alcune tracce audio e due fotografie che raccontano di Karla e La Gata, due prostitute transessuali scomparse prematuramente nella messicana Ciudad Juárez. Le registrazioni audio girano intorno al rifiuto e alla riluttanza sociale, alle esperienze e desideri stroncati. La prima uccisa a 67 anni nel 2015 e la seconda a 32 nel 2016, hanno pagato con la propria vita l'odio di genere di cui sono portatori non solo i loro carnefici ma anche le istituzioni. Il loro essere transessuali, prostitute e povere ne fanno morti che non contano, come potrebbe dire Judith Butler, che nel suo saggio “Violenza, lutto, politica” si chiede: “Cosa si intende per umano? Quali vite contano in quanto vite? E, da ultimo, cosa rende una vita degna di lutto?”.


Teresa Margolles (1963, Culiacán, Sinaloa, Messico) ha esposto in numerosi musei, istituzioni e fondazioni internazionali. Tra le principali mostre ricordiamo: Biennale di Dallas, 2017, Biennale di Bolivia, 2016, Neuberger Museum of Art, Acquisto, NY, USA 2015; Migros Museum für Gegenwartskunst, Zurigo, 2014; Centro de Arte Dos de Mayo, Madrid, 2014; Principe Claus Fund, Amsterdam, 2012; Museo Universitario de Arte Contemporáneo (MUAC), Città del Messico, 2012; Museo de Arte Moderno, Città del Messico, 2011; Museion, Bolzano, 2011; Kunsthalle Fridericianum, Kassel, 2010; Los Angeles County Museum of Art, Los Angeles, 2010; La Biennale di Venezia, Padiglione messicano, Venezia, 2009.


Teresa Margolles, Sobre la sangre

Teresa Margolles, Sobre la sangre 11.jpgTeresa Margolles, Sobre la sangre 3.jpgTeresa Margolles, Sobre la sangre 1.jpgTeresa Margolles, Sobre la sangre 5.jpgTeresa Margolles, Sobre la sangre 4.jpgTeresa Margolles, Sobre la sangre 6.jpgTeresa Margolles, Sobre la sangre 8.jpg
 

 

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