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On the corner

PERFORMANCE ITINERANTE IN 3 ATTI

DI CECILIA BERTONI
IN COLLABORAZIONE CON CARL G. BEUKMAN

regia  Cecilia Bertoni
musica, suoni e rumori  Carl G. Beukman
con  Cecilia Bertoni, Mauro Carulli, Mariagrazia Pompei, Charlotte Zerbey
riprese e montaggio video  Bam, Cecilia Bertoni
tecnica e costruzione scene  Paolo Morelli, Alice Mollica, Chiara Nardi
assistente alla regia  Mauro Carulli
direttrice di produzione  Michela Giovannelli
con il prezioso aiuto di  Valentina Pracchia e Deniel Balestra e tutti i collaboratori Dello Scompiglio


On the corner

On the corner 05_P1040403.jpgOn the corner On_the_corner_social_2.jpgOn the corner 09_on_the_corner_cb_2_.jpgOn the corner 02_5.jpgOn the corner IMG_6532.jpgOn the corner on_the_corner_cb_8.jpgOn the corner on_the_corner_cb_7.jpgOn the corner On_the_corner_social_1.jpgOn the corner 10_on_the_corner_cb_11.jpgOn the corner _2.jpgOn the corner P1040395.jpgOn the corner 11_on_the_corner_cb_12.jpgOn the corner 01_1.jpgOn the corner 06_P1040406.jpgOn the corner 07_P1040417.jpgOn the corner 03_P1040397.jpgOn the corner On_the_corner_social_4.jpgOn the corner 03a_On_the_corner_cb_1_.jpgOn the corner On_the_corner_social_5.jpgOn the corner IMG_6533.jpgOn the corner 04_P1040382.jpg


In cima alla Collina dell’Uccelliera, due vecchi metati restaurati e un grande terrazzamento alberato ospitano lo spettatore e diventano scenari dei tre atti che compongono la performance itinerante On the corner. Ciascun atto attinge alla vasta tematica della morte e del morire.
La situazione site specific diventa supporto alla drammaturgia.
Lo spettatore viene talora avvolto dall’ambiente, talora coinvolto direttamente. Oppure rimane spettatore distante.
L’atto al Metato del Bambù racconta del periodo prima della morte, in cui il morente vive spesso in due mondi paralleli. In uno lotta per la sopravvivenza concreta, riduce le sue necessità al minimo, restringe lo spazio intorno a sé. Nell’altro comincia a entrare in un’esperienza più e più immateriale e fluida. Nel caso in cui creda alla vita dopo la morte, si abitua a una vita senza corpo, senza spazio e senza tempo. In caso contrario, semplicemente si abitua al nulla. Sempre più vive in un mondo difficilmente comunicabile e inaccessibile ai viventi e proprio per questo la solitudine viene vissuta nella sua espressione più totale. I viventi lo stanno a guardare impotenti.
Il Metato del Pastore diventa metafora della casa intesa come il corpo che abitiamo. Il corpo a volte è accogliente, si muove, ci porta nel mondo, comunica, ma può anche diventare inospitale. Il dolore fisico c’imprigiona, ci isola in uno spazio sempre più limitato, pericolante e solitario dal quale vorremmo evadere. Per sempre.
Fra le due case, all’ombra degli alberi, mentre lo spettatore si rifocilla viene invitato a partecipare a un gioco. E come in tutti i giochi vige l’arbitrarietà di chi vince e di chi perde.


Questa casa non è più la mia casa.
Vorrei sgusciar via,
Svanire nella nebbia.
Sognare - danzare,
Dormire. Quel lungo sonno.

 

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