SPE - SPAZIO PERFORMATICO ED ESPOSITIVO
15 SETTEMBRE-23 DICEMBRE 2018
Alejandro Gómez de Tuddo
Columbarium
progetto vincitore del bando della morte e del morire
assemblaggio suono Gonzalo Peniche e Gabriela Mendez
Alejandro Gómez de Tuddo Columbarium Centro Nacional de las Artes, Mexico City, October 2017-February 2018. Courtesy l’artista
Nato a Città del Messico, il suo lavoro comprende vari campi delle arti, principalmente quello della fotografia, il video e l’installazione. Gran parte della sua ricerca si concentra sulla caducità della vita e sul tema della morte, declinandosi su diversi livelli tra cui la “necrogeografia” e il rapporto fra la città dei vivi e quella dei morti, il microcosmo dei cimiteri, l’identità mancata post mortem, la metempsicosi e le tradizioni popolari, i resti e la memoria dei corpi come nature morte e la metafora dell’assenza. Negli ultimi sette anni, nei suoi tour per oltre 700 cimiteri di tutto il mondo, Alejandro Gómez de Tuddo ha realizzato innumerevoli registrazioni audio e fotografato oltre cinquemila ritratti di defunti.
Nell'installazione Columbarium, l'artista riproduce una traccia sonora con questi suoni e ripropone alcuni di questi ritratti, stampati in bianco e nero, su carta comune. L'installazione pone un discorso sullo sguardo, i ricordi e la memoria, che risuona come un dialogo tra la vita e la morte, dove lo sguardo diventa sia onnipresente che anamorfico. Non rappresenta solo la morte guardandoci, ma ci rappresenta anche e a sua volta guardandola, attraverso i ritratti funebri che i vivi hanno deciso di conservare come l'immagine dei loro morti.
Il ritratto funerario facilita l'ingresso dell'osservatore nel processo psichico relativo al lutto e alla perdita, come il registro di un momento e un modello che non sono più. L'entropia fa anche parte dell'installazione, attraverso i volti che sono stati cancellati, incrinati o semplicemente scomparsi. Ogni volto, ogni vita, ogni essere amato era e non è più, queste immagini di sguardi silenziosi stampati su un substrato fragile e deperibile, sono allo stesso tempo una rivelazione sull'impossibilità di rappresentarli e di rappresentare la morte stessa.
Il Columbarium provoca nell'osservatore una midriasi, causata da uno stato di coscienza allucinatoria, che ci aiuta ad affrontare l'aporia, ricordandoci che ciò che ci manca nella vita è l'immagine della nostra stessa morte. Dissolvendo i confini tra fotografia, ritratto e installazione, Alejandro Gómez de Tuddo rielabora l'estetica dell'evanescenza e del perpetuo, dove lo spazio incontra il tempo e la morte la vita.
Alejandro Gomez de Tuddo, Columabarium