Il lavoro si presenta così come un concerto performativo, dove il paesaggio sonoro è costituito dalla compositrice russa Galina Ustvolskaya(1919-2006), l'incarnazione vivente della Resistenza, soprannominata "la donna con il martello". La sua musica è costantemente interrogativa, assoluta ed estrema, Galina sceglie per le sue partiture musicali, strutture martellanti e ripetitive. Questo si traduce in un suono interrotto, ossessivo e pietroso, che talvolta sfocia in strazianti esplosioni stridenti.
In relazione a questa forza, anche i gesti fisici e sonori di questi eventi non possono che essere disarmanti, tragici e assoluti. Le performer danzano la partitura musicale a ritmo dei martelli sul legno e sul metallo (Incudini e lamiere)
Il lavoro si sviluppa partendo da alcuni quesiti:
Cos’è il giudizio? Da dove nasce? Quando il potere si fa presente? Come il corpo esperisce il concetto di giudizio, potere e violenza?Come lo trasmette? Può il canto, la voce, il sospiro divenire immagine? Come la danza traduce tutto questo? Qual`è` il messaggio verso cui rivolgersi?
Con l’integrazione della voce in Symphony, le performer danno vita ad azioni, movimenti e gesti che alludono a un rituale misterioso.
Si muovono all'interno di una coreografia strutturata e severa, tuttavia sempre aperta, che permette possibilità d’incontro, integrandosi a tutti gli effetti con la partitura musicale iniziale.
Se con Dies Irae la partitura coreografica appare severa, rispettando l'andamento ritmico della musica, è con Symphony che tutto si apre.
Apparentemente più caotica, i corpi fluiscono sulla scena quasi facendosi trasportare dalla Symphonia; gli strumenti si moltiplicano e la voce entra nell'apparato musicale.
Il testo/preghiera di Ermanno il Contratto affidati a Monica Barone,(interprete con un grave handicap masticatorio che ne condiziona drasticamente la fonetica),diviene immagine e materia di un grido, canto, lamento, supplica e preghiera.
La Voce/Soffio rimane nel mezzo tra l'unico modo per dirsi e la domanda su cosa dire, l’ultimo giudizio, il giudizio sopravvissuto.